Il tumore del testicolo (link con Power
Point) rappresenta l'1-2% di tutti i tumori solidi
del maschio ed è la più frequente neoplasia
negli uomini di età compresa tra i 15 e i 35
anni.
La disponibilità di marker tumorali adeguati,
il miglioramento delle tecniche chirurgiche e l'impiego
di nuovi agenti chemioterapici hanno determinato una
diminuzione della mortalità dal 90% del 1970
a meno del 10% ai giorni nostri. L'incidenza del tumore
del testicolo varia con la razza, la nazionalità,
le condizioni di vita; le casistiche riguardanti popolazioni
di razza bianca riportano una variazione dell'incidenza
da 1 a 10/100000. L'incidenza in Italia è di
circa 4/100000.
L'eziologia del tumore del testicolo
è ancora scarsamente caratterizzata. Tra i
fattori di rischio è stata evidenziata l'importanza
dei fattori razziali; con percentuali variabili di
incidenza per i differenti gruppi etnici all'interno
di una determinata area geografica. Ad esempio, l'incidenza
dei tumori testicolari negli americani di colore è
un terzo di quella degli americani di razza bianca,
ma 10 volte superiore a quella dei neri africani.
Fattori genetici possono anche giocare un ruolo predisponente:
per esempio, alterazioni del cromosoma 12 sono state
riscontrate in molti pazienti portatori di tumore
a cellule germinali. Anche l'incidenza del 2-3% di
tumori bilaterali potrebbe suggerire la potenziale
importanza di fattori genetici.
I dati raccolti da diverse casistiche evidenziano
che circa il 7-10% dei pazienti affetti da tumore
testicolare ha un'anamnesi remota positiva per criptorchidismo.
Studi epidemiologici recenti hanno stabilito che il
rischio di tumore testicolare in pazienti affetti
da criptorchidismo (link con PP) varia da 3-14 volte
la normale incidenza; inoltre circa il 5-10% dei pazienti
con criptorchidismo sviluppa una neoplasia nella gonade
controlaterale. Non è ancora risolto il dubbio
se l'orchidopessi (ovvero il riposizionamento del
testicolo nella sua posizione naturale all'interno
dello scroto), possa prevenire l'insorgenza di tale
malattia.
Per quanto riguarda le cause acquisite, i traumi scrotali
sembrerebbero avere valore più come evento
che spinge ad una valutazione medica, con conseguente
riscontro della patologia testicolare, che come fattore
causale.
L'atrofia testicolare e l'azione degli ormoni sessuali,
potrebbero svolgere un ruolo eziopatogenetico, ma
non esistono dati certi.
Il 90-95% di tutte le neoplasie del
testicolo insorge da elementi germinali (dalle cellule
cioè destinate a "trasformarsi" in
spermatozoi); nel 5% dei casi le neoplasie insorgono
dalle cellule di Sertoli (cellule che svolgono un
ruolo di sostegno alle cellule spermatogenetiche dei
tubuli seminiferi) e dalle cellule di Leydig (le cellule
presenti nel tessuto attorno ai tubuli seminiferi,
deputate alla produzione degli ormoni sessuali maschili).
Il modello attuale di sviluppo del tumore a cellule
germinali deriva dai lavori di Dixon e Moore, Teilum
e Mostofi. Fondamentale risulta la divisione dei tumori,
che derivano dalle cellule germinali totipotenti,
in tumori seminomatosi e non seminomatosi (che comprendono
il carcinoma embrionario, il tumore del sacco vitellino,
il coriocarcinoma e il teratoma maturo/immaturo).
Esistono poi, forme di tumori germinali "misti",
che possono presentare elementi istologici di diversi
tumori
(Fig. 1).
Questo modello aiuta a spiegare perché specifici
tipi istologici di tumori testicolari producono specifici
marker tumorali. Notiamo infatti che il tumore del
sacco vitellino produce l'Alfa Feto Proteina (AFP)
così come il sacco vitellino produce l'AFP
durante lo sviluppo normale. Ugualmente il coriocarcinoma
produce la gonadotropina corionica umana (hCG) così
come la placenta normale produce hCG.
I tumori non germinali, assai più rari dei
precedenti, derivano principalmente, come già
detto, dalle cellule di Leydig e di Sertoli. Si annoverano
tra questi:
1. L' interstizialoma (circa l'1% delle neoplasie
testicolari), originato dalle cellule di LEYDIG: tumore
di malignità attenuata (metastatizza solo nel
10%), e sovente è caratterizzato dalla produzione
di ormoni sessuali maschili. Nel bambino per lo più
causa pseudopubertà precoce e macrogenitosomia,
mentre nell'adulto solitamente causa increzione di
ormoni sessuali femminili con l'induzione di ginecomastia;
2. il tumore a cellule di SERTOLI, ancor più
raro del precedente, non di rado maligno: può
produrre estrogeni causando quindi femminilizzazione;
3. Il testicolo può anche essere sede di localizzazioni
di tumori del sistema emolinfopoietico, quali i linfomi.
Raramente, il testicolo può rappresentare la
sede primitiva di un linfoma (è il tumore più
frequente dell'anziano).
Le percentuali di incidenza dei tumori testicolari
sono:
· Seminoma: 40%
· Carcinoma embrionario: 20-25%
· Teratocarcinoma: 25-30%
· Teratoma: 5-10%
· Coriocarcinoma puro: 1%
La diffusione dei tumori del testicolo avviene:
1. per continuità
2. per contiguità: l'albuginea (il rivestimento
fibro-elastico del tessuto testicolare) rappresenta
una barriera assai valida cosicchè la diffusione
locale avviene quasi sempre posteriormente, dove manca
questa capsula fibrosa.
3. per via linfatica (la più frequente), specialmente
ai linfonodi lombo-aortici (link con PP); alle linfoghiandole,
cioè, che sono localizzate lungo i grossi vasi
dell'addome (l'aorta e la vena cava). Nei pazienti
che siano stati precedentemente sottoposti a interventi
della regione inguino-scrotale, quali interventi per
ernia inguinale, idrocele, varicocele, orchidopessi
o per avventata manovra bioptica il circolo linfatico
può seguire altre vie e cellule neoplastiche
possono colonizzare nei linfonodi inguinali.
4. per via ematica, con metastatizzazione ad altri
organi
Si può ritenere che, quando
il malato giunge al chirurgo, circa il 65-75% dei
seminomi e circa il 55-65% dei non-seminomi sono liberi
da metastasi linfonodali regionali; che almeno il
10% dei non-seminomi presenta una diffusione sopradiaframmatica;
che la diffusione per via ematica è pressochè
la regola (90% dei casi) nel coriocarcinoma, che invece
non si diffonde per via linfatica.
Solitamente l'attenzione è
richiamata dal riscontro all'autopalpazione da parte
del paziente, di un nodo di consistenza dura, indolente,
a livello testicolare oppure di un aumento complessivo
di volume e consistenza di uno dei due testicoli rispetto
al controlaterale.
L'esame obiettivo viene eseguito tramite attenta palpazione
tra il pollice e le prime due dita della mano che
esamina. Qualsiasi area solida, dura o fine del testicolo
dovrebbe essere considerata sospetta per neoplasia,
fino a prova contraria.
Il nodo può aumentare progressivamente di volume,
causando un fastidio ed un senso di peso sempre maggiori
per la trazione esercitata sul funicolo. Talora, per
fenomeni ischemici ed emorragici all'interno del tumore,
possono comparire dolori intensi, che possono orientare
verso un'infezione.
Talvolta i primi segni sono legati a metastasi linfonodali
(devono, al riguardo, ritenersi sospetti dolori lombari
intrattabili nel giovane, dovuti alle metastasi lombo-aortiche
o sovraclaveari) o di organi addominali e/o toracici.
Come già detto, ogni tumefazione dello scroto,
deve essere sempre valutata attentamente. Compito
dell' urologo è quindi cercare di capire se
possa trattarsi di una patologia benigna (idrocele,
orchiepididimite, esiti di un trauma dello scroto,
ernia inguino-scrotale voluminosa, varicocele) o no.
La semplice transilluminazione dello scroto (ottenuta
appoggiando una pila accesa sulla cute scrotale) può
chiarire se è presente un versamento liquido
citrino (idrocele) o altro (versamento emorragico,
massa solida); l'ecografia dello scroto è una
tecnica rapida e affidabile che può aiutare
il medico a escludere un idrocele oppure un'epididimite
o un varicocele (dilatazione dei plessi venosi del
funicolo spermatico) e dovrebbe essere utilizzata
ogni qualvolta il testicolo non risulti ben palpabile
o nel dubbio diagnostico di un tumore testicolare.
La presenza di iperpiressia, spesso associata a disturbi
minzionali, può orientare verso un episodio
di infezioni delle vie genito-urinarie.
Analogamente, una neoplasia deve sempre
essere sospettata in presenza di un' area dura, palpabile,
con superficie più o meno regolare e indolente
del testicolo; talvolta, un'ecografia dei testicoli,
eseguita per altri motivi, potrebbe permettere di
evidenziare dei nodi solidi, che normalmente presentano
scarsa ecogenicità, all'interno di un testicolo,
non apprezzabile alla palpazione esterna. Per meglio
orientare la diagnosi è fondamentale il dosaggio
dei marker tumorali, in particolare l'aFP e la b-HCG,:
valori elevati di queste sostanze nel sangue, sono
un indice di elevato sospetto di tumore germinale
del testicolo.
In tutti i casi, comunque, in cui non sia stato risolto
il dubbio diagnostico tra patologia benigna e maligna,
si deve procedere a un intervento esplorativo: inguinotomia
esplorativa
L'intervento consiste in una incisione della cute
a livello inguinale (link con PP), viene estratto
il testicolo (link con PP), si esegue un piccolo prelievo
del nodo sospetto e inviato all'anatomo patologo per
l'esame microscopico. Se l'esito dell'esame anatomopatologico
risulterà positivo per tumore, si procederà
ad asportazione del testicolo e del funicolo.
Una volta definita tramite l'orchifunicolectomia radicale
la diagnosi di neoplasia a cellule germinali è
necessaria una stadiazione clinica allo scopo di definire
l'estensione del tumore al momento della diagnosi,
il successivo trattamento più adeguato e la
prognosi.
Un corretto staging clinico si basa sulla valutazione
anatomopatologica del pezzo asportato mediante l'intervento
chirurgico, sull'esame clinico, sulle procedure radiologiche
e sul risultato delle indagini di laboratorio.
Per quanto riguarda i dati desunti dall'orchiectomia
il patologo deve determinare l'estensione locale della
malattia (T) se cioè il tumore è confinato
al testicolo (Stadio T1) o se si estende oltre la
tunica albuginea (T2) fino all'epididimo (T3), al
funicolo (T4-A) o alla parete scrotale (T4-B).
La diagnostica per immagini si basa sulla radiografia
del torace eseguita in due proiezioni per evidenziare
eventuali metastasi polmonari e/o mediastiniche.
La TAC addominale è attualmente il metodo di
scelta per lo studio dei linfonodi retroperitoneali
riuscendo ad evidenziare linfonodi con diametro inferiore
a 2 cm.
La TAC del torace è indicata in caso di sospetto
alla radiografia del torace convenzionale o quando
siano presenti metastasi linfonodali alla TAC dell'addome.
Il sistema di stadiazione clinico più utilizzato
è quello di Peckam :
Stadio I Non evidenza radiografica
di metastasi
M+: marker positivi dopo orchifunicolectomia
Stadio II Evidenza radiografica di metastasi:
IIa: diametro massimo <2cm
IIb: diametro massimo compreso tra 2 e 5 cm
IIc: diametro massimo >5cm
Stadio III Interessamento dei linfonodi
mediastinici:
IIIa: diametro massimo <2cm
IIIb: diametro massimo compreso tra 2 e 5 cm
IIIc: diametro massimo >5cm
Stadio IV Metastasi extra-linfonodali:
L1: non più di 3 metastasi
polmonari <2cm
L2: multiple metastasi polmonari <2cm
L3: metastasi polmonari >3cm
H+: metastasi epatiche
Per quanto riguarda le indagini di
laboratorio, lo studio dei marker tumorali, in particolare
l'aFP e la b-HCG, è utile sia per la diagnosi,
lo staging ed il monitoraggio della risposta al trattamento
dei pazienti con neoplasia a cellule germinali del
testicolo che come indice prognostico.
L'aFP è una glicoproteina scoperta nel normale
siero fetale umano, prodotta dal sacco vitellino,
fegato e tubo gastrointestinale. Normalmente già
dopo un anno di vita i livelli ematici sono bassi.
La conoscenza del tempo di emivita dell'aFP (5-7 giorni)
è indispensabile per valutare la risposta ad
un trattamento. Può essere aumentata nel carcinoma
embrionario puro, nel teratocarcinoma, nel tumore
del sacco vitellino o nei tumori misti ma non nel
coriocarcinoma puro o nel seminoma puro.
La b-HCG è una glicoproteina normalmente prodotta
dal sinciziotrofoblasto della placenta, la cui emivita
è di 24-36 ore.
La presenza di elevati livelli è tipica dei
tumori non-seminomatosi; tuttavia anche il 5-10% dei
pazienti con seminomi puri può presentare livelli
elevati di b-HCG.
Il tumore del testicolo è una
neoplasia altamente curabile sia per le accresciute
possibilità di stadiazione preoperatoria, che
per l'efficacia dei nuovi farmaci chemioterapici,
in particolare dell'associazione del cis-platino alla
vinblastina e alla bleomicina, e ancor più
dell'associazione del cis-platino all'etoposide e
alla bleomicina.
Il primo atto, sia diagnostico che terapeutico, è
rappresentato dall'orchifunicolectomia, come precedentemente
descritto.
La terapie successive dipendono sia dal tipo istologico
del tumore che dallo stadio clinico oltre, naturalmente,
dalla scelta del paziente.
L'atteggiamento terapeutico si modifica profondamente
a seconda che si debba trattare un tumore testicolare
seminomatoso o non seminomatoso. Questo è principalmente
dovuto alla caratteristica dei seminomi di essere
altamente responsivi al trattamento radioterapico,
mentre i tumori non-seminomatosi rispondono meglio
alla chirurgia o all'associazione chirurgia-chemioterapia.
Schematicamente possiamo così riassumere il
trattamento delle localizzazioni linfonodali o metastatiche
dei tumori germinali del testicolo:
- Seminoma stadio I, IIa-b: Il 95% di tutti i seminomi
in Stadio I sono curati con l'orchifunicolectomia
e l'irradiazione retroperitoneale (normalmente 2500-3000
cGy). Questa bassa dose di radiazioni è abitualmente
ben tollerata: la morbilità acuta, compresa
una leggera nausea, rimane molto bassa, la morbilità
a lungo termine è minima; alcuni pazienti manifestano
oligospermia, ma con le moderne tecniche di radiazioni
il ripristino successivo di una normale spermatogenesi
è quasi la regola. Avendo, poi, molti studi
evidenziato come effettivamente circa l'80% dei pazienti
definiti in stadio I, non presentavano metastasi a
livello dei linfonodi retroperitoneali, diversi Autori
hanno proposto l'orchifunicolectomia e la stretta
osservazione nel tempo per chi presenta un seminoma
in stadio I. Questo approccio terapeutico, reso possibile
dall'esistenza di una efficace terapia (la chemioterapia)
di salvataggio in caso di ripresa della malattia,
richiede però una attiva ed impegnativa partecipazione
del paziente che dovrà sottoporsi a controlli
clinici e radiologici ravvicinati nel tempo e per
molti anni, controlli resi più difficoltosi,
nel caso di tumori seminomatosi, dall'assenza di marker
tumorali da dosare nel follow-up.
- Seminoma di alto stadio (IIc-III):
i pazienti con un seminoma di volume cospicuo o con
qualsiasi forma seminomatosa associata a un valore
elevato di AFP, devono essere sottoposti a chemioterapia.
Anche i seminomi sono sensibili ad un trattamento
chemioterapico programmato con cisplatino come la
loro controparte non seminomatosa. Il 90 % dei pazienti
con seminoma al III stadio ottiene una risposta completa
con la chemioterapia. Le masse residue retroperitoneali,
dopo chemioterapia, se superiori a 3 cm , possono
(40% dei casi, circa) presentare ancora cellule tumorali
residue: in questi casi è indicata una asportazione
chirurgica della massa residua.
- Tumori a cellule germinali non seminomatosi
di basso stadio: il trattamento standard è
rappresentato dalla linfoadenectomia retroperitoneale
(RPLND) (link con PP).
Questo intervento permette di identificare i pazienti
in stadio II e avviarli verso i protocolli terapeutici
più appropriati ed è curativo in quasi
il 90% dei pazienti con malattia in stadio I.
Nella tecnica tradizionale di RPLND totale bilaterale,
tutto il tessuto linfatico, lungo il decorso dell'
aorta e della vena cava, viene rimosso in blocco,
dalla biforcazione iliaca fino ai pilastri diaframmatici,
da uretere a uretere. La morbilità di tale
procedura è bassa, se si eccettua la totale
perdita dell'eiaculazione, dovuta al fatto che, insieme
al tessuto linfatico, vengono asportati i plessi nervosi
deputati all'eiaculazione. Nel tentativo di ridurre
l'incidenza di tale complicanza, sono stati sviluppati
degli studi di "mappaggio". Tali studi hanno
mostrato che, in pazienti con malattia linfonodale
limitata, è altamente improbabile una metastatizzazione
bilaterale. Queste osservazioni, unite al desiderio
di ridurre la morbilità, hanno condotto alla
cosiddetta dissezione modificata: questa tecnica è
basata sugli stessi principi della RPLND classica,
ma limitata al lato del testicolo colpito dalla patologia
tumorale; in tale modo l'eiaculazione è preservata
nel 75-85% dei pazienti. Il passo successivo dell'evoluzione
della terapia chirurgica dei tumori seminomatosi è
stata la RPLND con conservazione dei nervi deputati
all'eiaculazione (tecnica "nerve sparing").
In base all'aumentata esperienza nella dissezione
retroperitoneale si è riusciti a identificare
le microscopiche fibre nervose e separarle dal tessuto
linfatico asportato: se la RPLND monolaterale (possibile
solo nei pazienti in stadio I) permette di mantenere
l'eiaculazione nella maggior parte dei casi, la conservazione
bilaterale la mantiene in quasi il 99% dei casi.
Altra opzione terapeutica nei pazienti in stadio clinico
I è rappresentato dalla sola orchifunicolectomia
seguita da uno stretto follow-up.
La sorveglianza in un tumore non seminomatoso in Stadio
I è stata suggerita sia nel tentativo di eliminare
le sequele dell'intervento chirurgico sia poiché,
come già detto, circa il 25% dei pazienti in
stadio I clinico, non svilupperà metastasi
linfonodali per tutta la vita.
Una vigile attesa può essere proposta, nei
pazienti in stadio I, se i marker si normalizzano
dopo l'orchifunicolectomia, le indagini radiologiche
non mostrano evidenze di malattia e il paziente è
considerato affidabile, in termine di compliance.
I pazienti vengono seguiti mensilmente per i primi
due anni e ogni due mesi nel terzo anno. I marker
tumorali sono richiesti ad ogni visita, la radiografia
del torace e la TAC dell'addome ogni 3-4 mesi. Il
follow-up deve proseguire oltre il terzo anno sebbene
la maggior parte delle recidive si verificano entro
8-10 mesi. A parte rare eccezioni, i pazienti che
recidivano possono essere trattati e curati con la
chemioterapia da sola.
Nei pazienti con malattia in stadio I, ma con fattori
prognostici sfavorevoli a livello del testicolo asportato
(infiltrazione linfatica o vascolare e la presenza
di carcinoma embrionario), che optano per non essere
sottoposti a intervento chirurgico, vengono oggi proposti
due cicli di chemioterapia adiuvante.
- Tumori a cellule germinali non seminomatosi di alto
stadio: i pazienti con voluminose masse retroperitoneali
o con un tumore non seminomatoso metastatico sono
trattati con orchifunicolectomia e conseguente chemioterapia
basata sull'utilizzo del cisplatino. Se i marker tumorali
si normalizzano e si evidenzia una massa residua,
la resezione della suddetta è obbligatoria
poiché nel 20% dei casi essa nasconde un cancro
residuo, nel 40% è un teratoma e nel 40% evolverà
in fibrosi. Se i marker tumorali non si normalizzano,
dopo i cicli di chemioterapia, allora è necessario
una chemioterapia di salvataggio ad alte dosi.
Lo sviluppo, negli ultimi anni, di
nuovi farmaci chemioterapici, l'associazione di questi
con la radioterapia o la chirurgia, ha ridotto in
modo considerevole la mortalità dei pazienti
affetti da tumore testicolare, tanto da essere considerati
a "buona prognosi" anche pazienti con metastasi
a distanza.
Al momento attuale il criptorchidismo sembra essere
l'unico fattore di rischio riconosciuto. Una vera
e propria prevenzione primaria, quindi, risulta attualmente
difficilmente praticabile. Il nodo cruciale rimane
la diagnosi precoce: la latenza infatti tra la comparsa
dei sintomi e la diagnosi è spesso troppo lunga
e ciò giustifica la presenza di stadi spesso
già avanzati al momento della diagnosi. Il
ritardo diagnostico è una caratteristica comune
nei pazienti affetti da cancro dei testicoli per una
serie di motivi tra cui spiccano quelli psicologici,
sociali ed educazionali. Si potrebbe discutere l'opportunità
di attuare programmi di informazione che educhino
i giovani maschi a eseguire regolarmente l'autopalpazione
dei testicoli, avendo a disposizione le nozioni necessarie
per il riconoscimento dei segni e dei sintomi di questa
malattia.